Giustizia amministrativa
Giudizio di ottemperanza: le P.A. senza soldi possono pagare in ritardo
Nessuna penalità di mora potrà essere irrogata se viene documentato che l'Ente debitore versa in oggettive condizioni di difficoltà economica. La sentenza del TAR Lazio del 24.2.2015.
La sentenza attenzionata si occupa dell'istituto dell'astreinte previsto dall'art.114, comma, 4, lett. e) del codice del processo amministrativo che consente al giudice dell'ottemperanza, in caso di accoglimento del ricorso "salvo che ciò sia manifestamente iniquo, e se non sussistono altre ragioni ostative" di fissare, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dal resistente per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell'esecuzione del giudicato; tale statuizione costituisce titolo esecutivo.
La norma delinea una misura coercitiva indiretta a carattere pecuniario, inquadrabile nell'ambito delle pene private o delle sanzioni civili indirette, che mira a vincere la resistenza del debitore, inducendolo ad adempiere all'obbligazione sancita a suo carico dall'ordine del giudice.
La norma dà la stura, in definitiva, ad un meccanismo automatico di irrogazione di penalità pecuniarie in vista dell'assicurazione dei valori dell'effettività e della pienezza della tutela giurisdizionale a fronte della mancata o non esatta o non tempestiva esecuzione delle sentenze emesse nei confronti della pubblica amministrazione e, più in generale, della parte risultata soccombente all'esito del giudizio di cognizione. (in tal senso Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, Sentenza 25 giugno 2014, n. 15).
II Tar Lazio, Sezione Terza Quater del 24 febbraio 2015 ha evidenziato come la penalità di mora non è applicabile nel caso in cui le oggettive condizioni economiche in cui versa la Pubblica amministrazione debitrice, debitamente documentate, nonché la notoria situazione di congiuntura che ha imposto severi tagli alla spesa pubblica, onde evitare la paventata insolvenza degli enti pubblici, inducano a ravvisare la ricorrenza di ragioni ostative all’applicazione della norma sanzionatoria.
In tal caso, precisa il giudice capitolino, difetta, infatti, uno dei presupposti necessari per la condanna dell’Amministrazione al pagamento della penalità di mora, in quanto l’art. 114 c.p.a. prevede espressamente che il giudice fissi la somma di denaro dovuta dal resistente per ogni violazione o ritardo nell’esecuzione del giudicato "salvo che ciò sia manifestamente iniquo, e se non sussistono altre ragioni ostative".
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La Direzione
(24 febbraio 2015)
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