Giustizia
Cassazione: è rapina anche se l'impossessamento della refurtiva è temporaneo
La differenza tra rapina tentata e consumata. I principi ribaditi dalla Suprema Corte nella sentenza del 20 novembre 2020.
Aveva spruzzato sul viso di un ciclista il contenuto di una bomboletta spray ed in questo modo era riuscito a strappargli la catenina d'oro che portava al collo, dandosi alla fuga a bordo di un'autovettura guidata dal complice. La corsa in macchina, tuttavia, durava poco, venendo poco dopo bloccata da una pattuglia di carabinieri, che casualmente avevano notato l'autovettura in fuga e si erano posta all'inseguimento.
L’imputato - condannato del delitto di rapina aggravata dall'avere commesso la violenza in più persone riunite e con uno strumento atto ad offendere - ha impugnato la sentenza di condanna in Cassazione dolendosi per in mancato riconoscimento della fattispecie del tentativo di rapina a tal fine richiamando la sentenza della cassazione n. 52117/2014. A suo dire, l'azione delittuosa è stata posta in essere nel momento in cui per mera coincidenza stava passando una pattuglia dei Carabinieri che, osservata la scena a circa 50 metri di distanza, aveva inseguito e bloccato l'auto riuscendo ad identificare i colpevoli e recuperare la refurtiva.
La Corte di Cassazione Sez. II con la sentenza del 20 novembre 2020 (Presidente: CAMMINO MATILDERelatore: BORSELLINO MARIA DANIELA Data Udienza: 30/09/2020) ha dichiarato il ricorso inammissibile ritenendo infondata la suddetta doglianza inerente la ravvisabilità del tentativo in luogo della fattispecie consumata di rapina, in conseguenza della vigilanza attuata dagli operanti, che ebbero modo di notare non lo svolgimento dell'azione, ma la repentina fuga dei rapinatori ponendosi all'inseguimento.
Secondo il costante avviso della giurisprudenza di legittimità integra il reato di rapina, e non quello di tentata rapina, la condotta di chi si impossessa della refurtiva, acquisendone l'autonoma disponibilità, pur se l'impossessamento sia avvenuto sotto il controllo, anche costante, delle Forze dell'Ordine, laddove queste siano intervenute solo dopo la sottrazione, in quanto il delitto di rapina previsto dall'art. 628 del Codice penale si consuma nel momento e nel luogo in cui si verificano l'ingiusto profitto e l'altrui danno patrimoniale, a nulla rilevando, invece, la mera temporaneità del possesso conseguito.
Neppure assume rilievo il consolidamento di tali eventi nel tempo, concretizzandosi la lesione del bene giuridico protetto con l'autonoma disponibilità della refurtiva da parte dell'agente, e il correlativo spossessamento del legittimo detentore, prescindendo da qualsiasi criterio spazio-temporale.
Sul punto la giurisprudenza anche recentemente ha ribadito che il reato di rapina si consuma nel momento in cui la cosa sottratta cade nel dominio esclusivo del soggetto agente, anche se per breve tempo e nello stesso luogo in cui si è verificata la sottrazione, e pur se, subito dopo il breve impossessamento, il soggetto agente sia costretto ad abbandonare la cosa sottratta per l'intervento dell'avente diritto o della Forza pubblica.
Da ultimo chiarisce la Suprema Corte che la sentenza richiamata dall’imputato delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 52117/2014 si riferisce al caso, del tutto diverso,in cui la condotta di sottrazione di merce sia avvenuta all'interno di un supermercato e sotto il costante controllo del personale di vigilanza, ma l'autore sia stato fermato dopo il superamento della barriera delle casse con la merce sottratta . E' evidente - conclude la Corte - che la condotta dell' imputato, che si era già allontanato dal luogo in cui aveva sottratto con violenza la collanina, non rientra nei detti parametri e integra il delitto consumato.
Per maggiori informazioni vai alla sentenza
Paolo Romani
La Direzione
(25 novembre 2020)
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