Corte di Cassazione
Custodia cautelare: sì al carcere per gli ultrasettantenni
La sentenza delle Sesta Sezione Penale del 20 febbraio 2017.
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Si al carcere per gli ultrasettantenni - Puntata 082 - Stagione II
La misura di custodia cautelare in carcere può essere disposta anche nei confronti di una persona anziana, ultrasettantenne sia pure in situazioni eccezionali. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, Sezione Sesta Penale, con sentenza del 20 febbraio 2017 (Presidente: IPPOLITO Relatore: TRONCI Data Udienza: 01/02/2017), pronunciandosi sulla legittimità della misura della custodia cautelare in carcere applicata ad un ultrasettantenne, indagato per l'illecita detenzione di 20 bustine di cocaina, accertata dai Carabinieri, di cui aveva cercato di disfarsi lanciandole dal balcone di casa, dopo il negativo controllo effettuato nell'abitazione dai militari. L'ultrasettantenne lanciatore di bustine dal balcone era, peraltro, già in regime di arresti domiciliari in relazione a due distinti procedimenti, entrambi per violazione della normativa sugli stupefacenti.
La commissione di un ennesimo episodio di detenzione a fine di spaccio, in costanza del regime di arresti domiciliari, è bastato a significare l'insufficienza di quest'ultima misura, con conseguente, necessario ricorso a quella più gravosa della custodia cautelare in carcere.
La Corte ha ritenuto indubbio che il ricorrente, in quanto soggetto ultrasettantenne, rientri nell'ambito della sfera di operatività dell'art. 275 comma 4 codice di procedura penale, il quale prevede un rafforzamento degli indicatori del pericolo di reiterazione, che, a fronte della elevata probabilità di rinnovazione dell'attività delittuosa richiesta dal codice di procedura penale diviene certezza della ripetizione: ciò che consente di contemperare le esigenze di cautela con la salvaguardia di peculiari condizioni personali, che di per sé sono tali da comportare un ordinario affievolimento delle medesime esigenze.
In tal senso la Corte ha richiamato un altro precedente per il quale si è ravvisata la "sussistenza delle esigenze cautelati di eccezionale rilevanza - atte a giustificare l'adozione della custodia cautelare in carcere nei confronti di una madre con prole di età inferiore a tre anni - nella quantità di precedenti penali e giudiziari per delitti della stessa specie (furti anche in abitazione) che ne evidenzino l'esclusiva e sistematica abitualità alla commissione di delitti contro il patrimonio, di guisa che sia impossibile fronteggiare l'eccezionale pericolosità sociale con misure diverse dalla custodia in carcere" (così la sentenza n. 2240/2006 della Sezione 5).
Per gli Ermellini - al di là dell'irrilevante differenza della categoria della persona attinta dalla misura, madre con prole in tenera età anziché anziano ultrasettantenne - il precedente si attaglia perfettamente al caso di specie, in cui il Tribunale del riesame ha valorizzato la sistematica dedizione del ricorrente ad attività di spaccio ("da almeno dieci anni"), comprovata dalle cinque condanne definitive appositamente richiamate, nonché dalle vicende recenti di cui è stato protagonista, sostanziatesi nei suoi reiterati arresti - sempre per illecita detenzione di sostanze stupefacenti - alcuni effettuati mentre era sottoposto alla misura degli arresti domiciliari, così come in quello oggetto della presente vicenda processuale.
Ciò a dimostrazione - conclude la Corte - della incontestabile insofferenza dell'anziano spacciatore al rispetto delle prescrizioni impostegli e, per l'effetto, del mancato conseguimento di qualsivoglia effetto dissuasivo connesso a tale misura, ottenibile solo in via coatta, attraverso la custodia in carcere, stante il ritenuto, consapevole approfittamento, da parte dell'ultrasettantenne, della propria situazione relativa all'età, onde poter continuare a svolgere incessantemente l'attività criminale.
Fonte: Massimario Gazzetta Amministrativa
La Direzione
(26 febbraio 2017)
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