Danno erariale
La Corte dei Conti condanna il poliziotto che lede l'immagine della P.A.
In servizio all'ufficio denunce percepiva soldi per l'emissione del permesso provvisorio di guida. I principi sanciti nella sentenza n. 22/2015.
A seguito di una denuncia del dirigente della squadra mobile di Prato e della successiva attività investigativa svolta era emersa una condotta reiterata tenuta dal preposto all’ufficio denunce consistente in richieste di denaro agli utenti.
Nell’arco temporale di soli 4 mesi - da fine giugno ai primi di novembre del 2011 - venivano individuati almeno 11 cittadini che riferivano di aver versato al somme di denaro, su richiesta, all’atto dell’emissione del permesso provvisorio di guida.
In sede penale con sentenza del Tribunale di Prato – Ufficio del Giudice per le indagini preliminari - divenuta irrevocabile il poliziotto veniva condannato per truffa aggravata, con derubricazione dell’originario delitto di concussione, alla pena di anni 2 e mesi 6 di reclusione ed € 600,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali, ed alla pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni due e mesi sei.
La definitività della condanna in sede penale fa stato nel giudizio contabile ed è per questo che la Corte dei Conti sezione Giurisdizionale Toscana con sentenza del 16.2.2015, n. 22 ha provveduto alla quantificazione del conseguente danno erariale.
In gioco l'immagine ed il prestigio della Pubblica Amministrazione che sono beni – valori coessenziali all’esercizio delle pubbliche funzioni ed il recupero di tali sentimenti e, con essi, il recupero dell’immagine pubblica è essenziale per l’esistenza stessa della Pubblica Amministrazione ed impongono di intervenire per ridurre, in via preventiva, ed eliminare, in via successiva, i danni conseguenti alla lesione della sua dignità e del suo prestigio, danni che sono ascrivibili alla categoria del danno patrimoniale.
Sulla base di tali premesse la Corte dei Conti ha condannato il poliziotto a risarcire il danno all’immagine alla p.a. anche se il reato penalmente ascritto al pubblico dipendente è quello della truffa aggravata - con derubricazione dell’originario delitto di concussione - reato non previsto tra i delitti contro la pubblica amministrazione.
Nel caso di specie, infatti, è stata riscontrata la lesione dell’immagine pubblica, negli amministrati, o se si vuole nello Stato Comunità, venendo ad incrinare quei naturali sentimenti di affidamento e di “appartenenza” alle istituzioni che giustifica la stessa collocazione dello Stato apparato e degli altri enti.
Sulla quantificazione, il Collegio ha ritenuto equo e fondato un danno all’immagine pari ad € 4.000,00, vista la qualifica posseduta dal convenuto al momento del commesso illecito (sovrintendente della Polizia di Stato preposto all’ufficio denunce), la reiterazione dell’inaccettabile e censurabile comportamento, il mercimonio, con conseguente convincimento da parte della platea degli utenti del servizio (ma non solo di essi), che durante l’orario di lavoro si possa impunemente e disinvoltamente badare ai propri affari e interessi, la diffusione - nella comunità amministrata – di tali condotte anche a seguito della risonanza della vicenda sugli organi di informazione.
Avv. Anna Cinzia Bartoccioni
La Direzione
(10 marzo 2015)
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