Riforma della pubblica amministrazione
Tagli alle società partecipate, entro luglio il piano
Da 8000 il numero delle partecipate scenderà a 1000. Razionalizzazione sulla base dell'interesse generale: dove c'è l'offerta privata il pubblico non serve.
"Giungla", questo è il termine utilizzato dal Commissario straordinario alla spesa pubblica Carlo Cottarelli per definire il variegato mondo delle partecipate locali.
È ancora ignoto il numero esatto di società, consorzi, agenzie, enti vari partecipati degli enti locali. Il Mef ne stima 8.000, mentre la Banca dati del Dipartimento delle Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio ne riporta 10.000.
Una giungla, si diceva, su cui il Governo intende fare il punto, in primo luogo unificando le banche dati delle società partecipate dello Stato. Il Decreto Renzi – Madia, infatti, istituisce la banca dati delle società partecipate, che farà capo al Ministero dell’Economia e delle Finanze e prenderà avvio dal 1 gennaio 2015.
Inoltre, entro il 31 luglio verrà predisposto "un programma di razionalizzazione della aziende speciali, delle istituzioni e delle società direttamente o indirettamente controllate dalle amministrazioni locali" , l’obiettivo è quello di scendere da 8mila aziende a circa mille cedendo o sopprimendo subito quelle non di pubblica utilità.
Uno dei criteri più importanti sui quali si fonderà la razionalizzazione è quello relativo all’interesse generale.
In particolare, accanto ai cinque servizi pubblici locali (elettricità, acqua, gas, rifiuti, trasporto pubblico urbano) che rappresentano circa il 20% di questo universo, e un fatturato del 50-60%, ci sono le società strumentali, ovvero quelle che forniscono servizi all’ente pubblico di controllo, che costituiscono un 40%.
Vi è poi una terza categoria che racchiude le società che agiscono direttamente sul mercato vendendo prodotti e servizi (40%).
Sono quest’ultime ad attirare maggiormente l’attenzione del Commissario: "Si va dalle terme alle farmacie, dalla produzione di prosciutti alla vendita delle uova", è quindi opportuno stabilire se esistano motivazioni di interesse generale che ne giustifichino l’esistenza.
"Non si capisce, infatti, perché un ente pubblico locale debba agire in settori in cui c’è già una forte e varia offerta da aperte dei privati" commenta. Pensiamo ad esempio alle oltre 50 aziende agricole (a partecipazione pubblica) emerse dal monitoraggio, che producono vino.
Infine, sarà necessario intervenire non solo sulla sproporzionata lievitazione del numero delle aziende in questi anni, ma anche la loro natura chiaramente anomala.
I dati ufficiali indicano che in più della metà delle oltre 5 mila partecipate dei comuni, le persone che siedono nel Consiglio di Amministrazione sono più degli addetti. Si tratta di 2671 società che operano in campi del tutto diversi tra loro. 1213 di queste società (tutte operative) addirittura non hanno addetti, ma solo amministratori.
Di queste 86 sono holding, 137 gestiscono attività immobiliari, più di 200 sono società con un unico socio, il resto sono società che si occupano delle attività più varie.
Claudia De Vincenzi
(11 luglio 2014)
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